Quel ramo del lago di…Lecco

A metà del 1800, in un paese affacciato su “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene ininterrotte di monti”, una donna gentile e dal cuore proprio d’oro di nome Nina Balicco, decise di far costruire una grande casa per accogliere i bimbi poveri, figli degli operai delle fabbriche di Lecco.

E così avvenne; per più di 100 anni, nello stabile con il portone e le persiane color azzurro piccione che oggi si trova in una delle vie che fanno da perimetro al centro storico di Lecco, l’asilo infantile A. Stoppani ha avuto la sua sede. Ha poi attraversato momenti difficili, ma dei valorosi papà hanno tenacemente combattuto ed infine ottenuto la proprietà dello stabile che hanno poi donato a chi aveva creato un asilo, che si trovava alla periferia di un piccolo paesino, perché sono stati ispirati dalla “diversa e sana” educazione che vedevano applicata. E dal 2008, il piano terra della grande casa è tornato a risuonare delle voci dei bimbi che giocano, ridono e cantano, grazie all’asilo Raggio di Sole.

Per anni un piccolo gruppo di amici si sono trovati nella cucina dell’asilo per studiare insieme e poi, un bel giorno, qualcuno di nuovo si è aggiunto. Nuove persone che hanno chiesto cosa ci fosse sopra, dove portasse quella scala di pietra che saliva nel buio e nel silenzio. Fu così che a questa domanda dopo un po’ venne data risposta, gradino dopo gradino, facendole salire sino al primo piano dello stabile.

Sale e saloni chiusi da anni, con tavoli, sedie, mobilie e materiali di ogni sorta accatastati ovunque, con strati di polvere che rendevano tutto grigio e cupo ma lo spazio parlava, chiedeva di essere vissuto, e noi lo abbiamo ascoltato. Abbiamo pulito, lavato, spostato, buttato, grattato, imbiancato, aggiustato ed ogni altro lavoro che si è reso necessario per mesi e grazie all’aiuto di tanti amici, anche di quei valorosi papà che già avevano combattuto e che ora erano di nuovo a servizio dello stabile.
Una stanza dopo l’altra, per la festa di Michele del 2017, abbiamo inaugurato l’Associazione Antroposofica Stoppani, mantenendo quindi la vocazione dello stabile al piano terra con l’asilo e, di sopra, il legame con il nome che era stato scelto per rappresentarlo tanti tanti anni or sono.

L’ideale che ha mosso il gruppo di donne che hanno dato il via a tutto quanto è sempre stato quello di creare una casa per l’antroposofia, per la scienza dello spirito, ed oggi possiamo dire che questa casa c’è ed è anche viva e vivace.
Vive di gruppi di lettura e di studio, di corsi, di incontri e conferenze; vive grazie all’arte terapia, alla biografia, all’euritmia, al medico e ai massaggi; vive di musica con l’arpa, la lira, il violino e il pianoforte, e dei canti del coro.
Vive anche grazie alla nostra amatissima biblioteca con tantissimi volumi a disposizione di chiunque voglia leggere e conoscere.  E poi vive di attività con i nostri amici biodinamici, nei loro terreni o da noi, come a capodanno per il preparato dei tre Re e vive di tutti i loro prodotti che riempiono l’associazione e le nostre case.
Vive e profuma di c’era d’api per tutte le candele che vengono prodotte nel nostro piccolo laboratorio e risuona di tutte le voci e le risate, alternate a momenti di profondo silenzio, delle mamme dell’asilo, delle nonne, degli amici dell’associazione e degli amici degli amici che si incontrano per fare le fatine di lana cardata o le corone per Natale.
Vive di quella meravigliosa festa dell’albero per tutti i bimbi dell’asilo che accogliamo di sopra, nel grande salone dove, alla luce delle candele, si compie la magia accompagnata dalla musica dell’arpa e dai canti dei più grandi.
Ma vive anche delle cene sociali, a volte organizzate a volte improvvisate, a volte grandi a volte più intime perché se capita l’occasione, ma perché no! In molti, quando entrano per la prima volta, dicono “qui si sta bene” oppure “ho trovato un posto in cui le persone si prendono il tempo di parlare e di ascoltarti”.

Credo che l’associazione Stoppani sia diventata più di una casa per l’antroposofia, credo che proprio grazie all’antroposofia sia diventata un luogo sicuro e protetto, dove il tempo assume un ritmo più umano; uno spazio dove il tempo rallenta e l’incontro con l’altro riacquista quella dignità che, a volte, si fatica ad avere nel nostro quotidiano.
Oggi sono davvero tante le persone che si muovono per i locali dell’associazione ed è bello vedere che molte di queste, pur non conoscendo l’antroposofia perché vengono per il coro, per qualche terapia, per fare le fatine od altro ancora si sentono, anche loro, a casa.

Ecco, questa è la nostra piccola grande associazione che col tempo, grazie proprio alla scienza dello spirito, è diventata anche di più di quello che sognavamo.

Però la nostra storia non finisce qui perché la scala di pietra non si ferma al primo piano, continua a salire e conduce ad altri spazi che ci stanno aspettando e quindi, ora che al primo piano la vita procede e il primo settennio dell’associazione è trascorso, dobbiamo guardare in alto ed ascoltare anche le voci che ci chiamano da sopra!
Abbiamo già fatto sentire al nuovo piano la nostra presenza quest’estate, quando con un bel gruppo di amici siamo saliti ed abbiamo, di nuovo, sgomberato, spazzato, lavato e, soprattutto, abbiamo aperto le finestre e fatto entrare la luce! E’ stato un momento prezioso e sono certa che, come con il piano di sotto, se noi ci prenderemo cura di lui, saremo aiutati con i progetti che vorremo realizzare.

Vi terremo aggiornati!